Le Cinque Giornate di Milano - tratto da una degustazione vera
Era lo stesso tramonto di metà marzo, con le piogge a coprire i rumori della città in fermento e il vento che, come un messaggero, ci porta alle orecchie un qualcosa di nuovo da ascoltare. In questa storia ci sono calici e barricate, personaggi che abbiamo rimosso dai tempi di scuola ed altri che ritroviamo in strade e piazze di Milano. Vitigni locali, varietà autoctone, denominazioni e intrecci che racchiudono ad ogni calice un preciso istante delle famose giornate milanesi: le cinque giornate di Milano.

Ora immaginate di essere lì, tra quelle strade piene di polvere e determinazione, a discutere con uomini, donne, generali e personaggi famosi che vengono a raccontarvi cosa è appena successo con due calici in mano. Sì, perché mentre il popolo si solleva in nome della libertà, il vino non è estraneo alla storia che si sta scrivendo, tra bottiglie che raccontano di illusioni, previsioni, errori e sorprese… cercando di conquistare a fine degustazione, come nel risorgimento, quel sentimento comune che ci lega: essere cittadini del mondo del vino.
Napoleone - Oltrepò Pavese DOCG Metodo Classico Cruasé
Napoleone. Cosa non si è ancora detto su questa importante quanto controversa figura che ha sconvolto l’assetto geopolitico d’Europa a cavallo tra ‘700 e ‘800? Ad indagare bene, anche delle sue preferenze a tavola e perfino delle sue perversioni sessuali siamo al corrente, ma oltre la leggenda dell’Imperatore, il mistero che ancora avvolge la data del 5 maggio e l’interpretazione forse un po’ troppo caricaturale di Joaquin Phoenix, cosa ha lasciato sul polveroso ciottolo meneghino il passaggio del Comandante della Grande Armée? Ecco che la storia si riflette sul primo calice di questo racconto. Perchè in Oltrepò avevamo la nostra Ughetta, la Croatina, la Barbera e il Moscato, ma anche questo assetto geopolitco sta per subire l’invasione delle truppe internazionali che, riposte le armi e nel tentativo di ricreare usi e costumi della terra natale, non fanno mistero del loro amore per un vitigno in particolare: il Pinot Noir. Si racconta che proprio il grande capo, amante di questo vino, come nel più classico dei nostri “pacchi da giù” non partiva se non accompagnato da casse di Borgogna di Gevrey-Chambertin. Così, dopo la campagna d’Italia, il Futuro Imperatore di Francia un po’ prende (opere d’arte) e un po’ porta (le prime barbatelle di Pinot Noir). Ormai piantato su terra lombarda, seppur non ancora italiana, diventa Pinot Nero e grazie all’opera di Agostino De Pretis e del Conte di Vistarino si gettano le basi per un binomio vincente che vedrà la luce solo nel 2009: il Cruasè. Unione delle parole “Cru” e “rosè”, è il blanc de noirs disposto a salvaguardia di quella campagna che lambisce il territorio milanese sul piede di guerra per diversi motivi: una volta per rivendicare la propria identità italiana, oggi per la sicurezza in alcuni quartieri. Insomma, è sempre una battaglia tra autoctoni e internazionali, ma ad ogni battaglia la sua bottiglia. C’è ancora freddo, dentro e fuori. Le mani toccano il vetro gelato sugli 8° e quel rosa pallido di 13° tra i calici fa salire l’euforia lasciando intravedere un nuovo scenario. Saranno bollicine di vittoria o di consolazione? Per il momento rinfoderiamo le sciabole, non è ancora tempo per feste e sabrage.
Verdi e Manzoni - Terre Del Colleoni DOC Incrocio Manzoni
Dopo i francesi ci sarà la Restaurazione e nel Lombardo-Veneto tornano gli austriaci. È tutto il contrario del film “c’eravamo tanto amati” e infatti i milanesi non vedono l’ora di liberarsene nuovamente. Rivolte, sabotaggi e azioni come “lo sciopero del fumo” scandiscono l’inizio delle ostilità, anche grazie a un incrocio artistico letterario tra le note di Giuseppe Verdi e le pagine di Alessandro Manzoni. Mentre nelle taverne della città si canta “Va’ pensiero”, nei milanesi si instaura un rinnovato sentimento patriottico. “W VERDI” sui muri e un’etichetta dal nome “incrocio Manzoni” nascondono altri messaggi, ma li vedremo più avanti. Perchè anche nel 1848, come nelle più classiche vicende all’italiana, per quanto non esista ancora, ci sono le prime spaccature ancor prima di aver realizzato alcunché. Sono tra Carlo Cattaneo (il guerriero) e il Podestà Gabrio Casati (l’aristocratico) sulla scena politica, e tra Riesling Renano e Pinot Bianco in bottiglia, entrambi accomunati dall’intento di raggiungere lo stesso obiettivo ma percorrendo strade ed influenze diverse. Per la prima coppia, Cattaneo voleva l’indipendenza mentre il secondo l’aiuto dei Sabaudi, mentre per il vino, il delicato Pinot invita a far ragionare il ben più deciso Riesling visto il loro piede in terra di Kalos-Epias, per l’appunto “terra dolce” dal greco. Dalla cooperazione in campo alla cooperativa in campagna, vince il fronte dell’aiuto piemontese e da rivoluzione popolare sarà l’inizio della 1’ guerra d’indipendenza. Dalle barricate ai filari, sarà nuovamente Manzoni, non più Alessandro ma l’omonimo Prof. della Scuola Enologica di Conegliano a posizionarci nella particella 6.0.13 mentre ci prepariamo a sfidare un Maresciallo austriaco che, innervosito, sorseggia un ultimo boccale dalle stanze del Castello Sforzesco.
Radetzky - Chiaretto di Bardolino Classico DOC
Dopo un pericoloso tiro alla fune, tra il 18 e il 22 marzo 1848 i milanesi hanno la meglio e il generale austriaco Radetzky, ormai 82enne, è costretto a ritirarsi sul quadrilatero, non quello della moda, ma ad est. La vittoria ha un grande impatto mediatico e sarà celebrato come un grande trionfo, dove la popolazione che faceva il tifo per il Re piemontese Carlo Alberto attende adesso “tempi rosei”. Ma di rosa c’è solo il calice del vecchio Joseph Radetzky che, riparato tra le insenature, le fortezze e i filari allevati a guyot attorno al lago, medita l’ipotesi di ritirarsi in pace, col suo blend di Corvina, Rondinella e Molinara da sorseggiare lungo le contaminazioni mediterranee del lago. Ma quest’idea, come la bottiglia, durerà purtroppo poco, e trovandosi indifesi davanti all’esercito imperiale che approfitta dei tentennamenti di quello sabaudo, il generale austriaco torna coi rinforzi alla carica e si impadronisce nuovamente della città, in un’impresa a cui Strauss dedicherà la famosa marcia. Carlo Cattaneo denuncerà con parole dure l’incapacità di Carlo Alberto, ma non è questo il momento di lamentarsi. Serve un cambio di strategia nei piani e di colore nei calici. Il filo rosso della storia ci dà un indizio sul prossimo calice da versare se questa guerra vogliamo vincerla.
Vittorio Emanuele II - Oltrepo Pavese DOC Buttafuoco Storico
Non basterà una, ma ben 3 guerre d’indipendenza per consegnare finalmente il Lombardo-Veneto all’Italia, anche grazie all’aiuto di Napoleone III, i decisivi interventi di Garibaldi e la pressione esercitata da nord dall’impero prussiano. Insomma, è stato un bel mix senza esclusione di colpi dove il caos ha generato un vino che riflette metaforicamente le gesta di queste battaglie: il Buttafuoco. Il legno arso, il profumo marcato e il profilo robusto. Sembra che questo blend di autoctoni lombardi siano la perfetta sintesi di questa vittoria che concede all’Italia la sua identità e a Milano il titolo, seppur non istituzionale, di capitale “morale”. Una fatica che si avverte ancora, nei sospiri lenti e pesanti dei 14 gradi e mezzo di vino e nelle note ruvide da masticare ad ogni sorso di che, istituito nel 1970, vede la creazione della propria DOC esattamente 40 anni dopo, mentre l’Italia, proclamata nel 1861, ha il suo primo Re d’Italia, Vittorio Emanuele II, ma avverte il bisogno di “fare gli italiani”.
Garibaldi - Franciacorta Brut Satèn DOCG
Il processo di “italianizzazione” non sarà semplice e nemmeno indolore, con brigantaggio e rivolte contadine a fare i conti con alcuni nomi oggi entrati a far parte dei luoghi della nostra quotidianità milanese: Garibaldi, Bixio, Cialdini. Ma lasciando perdere gli scontri, spostiamoci tra lago d’Iseo, Alpi, il fiume Oglio e la Pianura Padana, proprio dove Garibaldi guidava i propri corpi di spedizione. Perchè qui nei primi anni ’60 fanno la loro apparizione le prime bottiglie di Méthode Champenoise da quella terra di rossi che voleva fare le bollicine “alla francese” qui in Italia. Nasce così l’odierna Franciacorta, che col proprio nome non vuole nè emulare nè tantomeno scimmiottare i cugini transalpini, ma percorrere una strada locale dalla visione globale, proprio come i sorsi ed i percorsi di questi eventi che ci hanno accompagnati. Termina così in maniera soffice, cauta e non priva di riflessioni, un Satèn nei nostri calici e una rinnovata consapevolezza dell’importanza delle influenze, degli studi e della visione globale, quando siamo capaci di crearne un valore aggiunto locale. Perchè l’Italia che tanto amiamo ed altre flagelliamo è in fondo sempre stata così: teatro di influenze e battaglie. Ma se cinque giornate ci hanno insegnato a riscattare un sentimento di amor collettivo, con queste cinque bevute ti ricordo che il vino non è solo un prodotto, ma cultura che ci rende CITTADINI DEL MONDO (del vino 🍷).

un ringraziamento alle Cantine che hanno contribuito a scrivere questa storia di degustazione:
Finigeto, Le Morette, Cantina Sociale Bergamasca, Muratori, Le Vedute, Corte Sermana, Cavallotti
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